|     Berlusconi, Sacconi,  Brunetta, Fassino, Chiamparino, Renzi, Marchionne: moderni.FIOM, Landini, operai  FIAT per il NO: conservatori.
 Ma mi faccia il piacere !!
 ( dalla  gag di Totò nel vagon lit con l’Onorevole Cosimo Trombetta interpretato  dal grande Mario Castellani e tratta dal  film Totò a  colori di Steno)
 di Cristiano Valente FIAT  Mirafiori 14 Gennaio 2011. Ora si può e si deve ricominciare a lottare  Il risultato del falso referendum indetto da Marchionne, amministratore  delegato Fiat, ci induce ad una prima e sostanziale riflessione: la resistenza  e la consapevolezza di classe nella punta più avanzata del movimento operaio  italiano, non è del tutto sconfitta e smarrita.La maggioranza degli operai, nonostante il pesante ricatto  con cui sono stati chiamati ad esprimersi rispetto all’accordo imposto dalla dirigenza  Fiat, accettato dalla Cisl, Uil e Ugl oltre al sindacato aziendale dei quadri,  hanno votato NO.
 Solo la votazione di quest’ultimi ha ribaltato il risultato.  Ora lo sciopero del 28 Gennaio, già proclamato dalla FIOM, deve non solo  riuscire, ma deve allargarsi a più settori possibili e deve essere vissuto dall’intera  CGIL come il primo momento di una lunga lotta e di una battaglia generalizzata  di tutto il movimento operaio organizzato.
 Non possiamo lasciare i lavoratori Fiat, tutti, sia chi ha  votato Si, sia chi ha votato NO, da soli.
 Chi in questi giorni ha lodato o giustificato l’adesione al  progetto padronale usando argomentazioni quali la specificità dell’accordo al  settore auto e la sua non generalizzazione all’intero mondo del lavoro, oppure  chi ha millantato di un piano di investimento definito da parte dell’azienda, del  quale si sarebbe fatta carta straccia in caso della vittoria del No ha gettato  la maschera e deve riconoscere che niente di tutto questo era ed è vero.
 E’ vero invece quello che la FIOM ha sempre detto. Oltre ad un peggioramento  reale delle condizioni lavorative e normative previste per i lavoratori della Fiat  non c’è niente che possa somigliare ad un credibile piano di sviluppo o futuri  investimenti.
 L’unica certezza, si fa per dire, e che fra un anno i  lavoratori della New Co, la nuova fabbrica di auto, senza alcun contratto  nazionale, assembleranno dei motori su dei SUV che vengono dall’america e poi là  torneranno per essere venduti.
 Alla faccia del piano di sviluppo e di rilancio Fiat
 Questo significa che la vera posta in gioco era, come da  sempre diciamo, la normalizzazione dei rapporti sociali in fabbrica, introducendo  fra i lavoratori la paura, la preclusione della possibilità di organizzazione  delle stesse strutture operaie minime di difesa e di garanzia, come  rappresentanze sindacali elette e nominate dagli stessi lavoratori, la  cancellazione delle minime garanzie sul piano economico, normativo ed  organizzativo dei turni e quindi della propria vita anche personale e  familiare, la generalizzazione di una situazione di precarietà e di ricatto da  allargare a tutti i settori lavorativi.
 E come sempre è accaduto, la grande fabbrica, la Fiat, ha fatto e farà da  battistrada per tutti i lavoratori nel bene e nel male.
 Dagli anni del dopoguerra, con l’istituzione dei famigerati “reparti confino” dove venivano  dislocati gli operai iscritti alla FIOM o comunisti, fino alla riscossa degli  anni ‘70 con l’ottenimento dell’inquadramento unico e degli aumenti retributivi.  Successivamente negli anni ‘80 con la sconfitta a seguito alla marcia dei  quarantamila quadri, che segnò un arretramento per tutto il movimento operaio  italiano, avendo in quella occasione, nonostante la grande capacità di  mobilitazione e la stessa occupazione della fabbrica da parte degli operai,  lasciato soli i lavoratori Fiat.
 Una delle sintesi più lucide e in realtà più veritiera di  quello che abbiamo detto si può trovare nell’editoriale del Corriere della Sera  del 16/01/2011 a firma Maurizio Ferrara.
   Ecco cosa leggiamo: “la  vittoria del si …apre una fase del tutto nuova per le relazioni industriali e  forse per l’intero modello economico – sociale del nostro paese “.Quindi era vero ed è vero che la situazione che questo  referendum apre non riguarda solo i lavoratori Fiat, ma sarà il battistrada per  ridefinire tutte le relazioni industriali.
 E sull’esistenza e sulla bontà del progetto industriale da  parte della Fiat e del nuovo modello, di sviluppo leggiamo; “Marchionne non ha sinora scoperto tutte le  carte del suo piano di rilancio”
 Ancora più chiaramente nel merito dell’accordo: “maggiore flessibilità implica sacrifici e  genera insicurezza, ma assicura occupazione e offre concrete prospettive di  incrementi salariali”
 Sarebbe dunque questo il nuovo scambio, flessibilità contro  occupazione; come scambio fu quello della stagione sindacale degli ultimi anni  ’70 denominata e definita dalle organizzazioni sindacali all’EUR (occupazione  contro salario).
 Nessuno si ricorda che quella stagione e quelle promesse non  solo non sono state affatto mantenute, ma la perdita di potere d’acquisto dei  salari ha permesso per tutti gli anni seguenti una continua emorragia in  termini di sicurezza e garanzie da parte dei lavoratori, determinando la  sconfitta degli anni ’90 e l’attuale situazione di totale arretramento per  quanto riguarda la garanzia del lavoro e del reddito in particolare per le  nuove generazioni.
 Infatti, subito dopo come un perfetto fariseo, l’autore si  premura di scrivere “se l’azienda va  bene”
 E se va male signor Ferrara. Viene lei a pagare il mutuo o  la retta dell’asilo nido di mio figlio?
 Ma questi scienziati della politica non sono solo dei banali  scommettitori, sulla pelle degli altri, ma si pongono anche con un certo pathos  problematiche più alte. Ecco che il nostro si pone la domanda tormentata: “L’apertura dei mercati e le dinamiche di  delocalizzazione produttiva sono compatibili con il mantenimento di adeguate  tutele per i lavoratori?” Il dubbio amletico viene prontamente rimosso affermando  che: “ le tensioni fra globalizzazione e  welfare non sono inconciliabili, sul punto concordano moltissimi studiosi”.
 Meno male che ci sono questi emeriti studiosi. Chi siano non  si sa e se dovessero sbagliare?
 Il nostro editorialista oramai pago e rincuorato continua  codificando una nuova figura di operaio del XXI° secolo, dopo quello professionalizzato,  specializzato e di massa di passati periodo: l’operaio flessibilizzato”. Forse preso da un minimo sussulto di  vergogna e di malcelata difficoltà aggiunge:
 “ma ai lavoratori  flessibili di Mirafiori serviranno più servizi anche aziendali, più garanzie di  sicurezza e prevenzione, più opportunità di congedo per ragioni serie e  verificabili “ che chiaramente deciderà il padrone “ più sostegni per figli e famiglia”.
 Alla fine di  questo travagliatissimo articolo che trasuda scienza e ragionevolezza, bontà  sua, il nostro arriva a stigmatizzare l’atteggiamento del Governo affermando  che: ” il governo…non può abdicare al suo  ruolo di regista del cambiamento e delle riforme sul duplice fronte  dell’efficienza e dell’equità”.
 Cosa voglia dire non è chiaro, di sicuro l’esimio  editorialista non starebbe affatto male nella figura dell’onorevole Trombetta a  cui Toto ammicca:
 Ma mi faccia il  piacere !
 17/01/11            
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